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LA GUERRA RUSSIA – UCRAINA: QUID IURIS PER IMPORT/EXPORT?

L’import/export di merci tra Italia e Russia vale più di 20 miliardi di € all’anno e uno dei terribili effetti della guerra in Ucraina potrebbe essere farli andare in fumo, con tutte le conseguenze del caso su aziende e posti di lavoro.

Come evidenziano bene i dati pubblicati dal Ministero degli Esteri, peraltro, il rapporto commerciale tra Italia e Russia è profondamente sbilanciato a favore di Mosca: nei primi 11 mesi del 2021 l’Italia ha esportato nell’ex Paese degli zar un quantitativo di merci del valore di 7 miliardi di €. Contemporaneamente abbiamo importato beni dalla Russia per 12 miliardi e mezzo di €, in particolare gas, petrolio e materie prime. Abbiamo cioè guadagnato 7 e speso 12,5. Le sanzioni economiche attivate contro Mosca a causa dell’invasione e le decisioni del Cremlino stanno infatti colpendo duramente svariati settori economici del nostro Paese.

Import/Export Russia: Il Mix Energetico

Il mix energetico italiano è chiaro: il 41,8% delle fonti che consumiamo per produrre energia è costituito da gas naturale e, di questo, la fetta maggiore, il 38,2%, viene dalla Russia. Ma oltre al gas naturale, l’Italia produce energia a partire dal petrolio per il 34,4% e, di questo, quasi il 17% viene dalla Russia. Sommando le varie percentuali di fonti fossili importate dalla Russia, emerge che quasi un quarto dell’energia che utilizziamo, tra gas, petrolio e carbone, ha proprio origine russa.

Dalla Russia non importiamo infatti solo fonti di energia, ma, più in generale, materie prime e tante altre tipologie di merci, sebbene in misura minore. Anzitutto prodotti metallurgici, prodotti derivanti dalla lavorazione del petrolio, prodotti chimici, e prodotti in carta e legno. Ma anche prodotti alimentari e dell’agricoltura, in particolare grano – di cui la Russia è il primo produttore al mondo – e anche mais e soia, utilizzati prevalentemente come mangimi negli allevamenti.

Il perdurare della guerra in Ucraina, le sanzioni alla Russia e il blocco delle importazioni di grano potrebbero far esplodere o esasperare situazioni già a rischio non solo nei Paesi vicini al conflitto ma anche in altri molto più lontani fortemente dipendenti dalle esportazioni. È il cosiddetto “effetto farfalla”. Per evitare carenze e arginare il drastico aumento del prezzo del grano, la Russia ha deciso di limitarne l’export verso i Paesi dell’Unione economica eurasiatica, tra cui ci sono anche diverse ex Repubbliche sovietiche.

Import/Export Russia: Esportazione del grano

Tra i maggiori importatori di grano al mondo ci sono Egitto, Algeria e Nigeria, una delle nazioni più povere del mondo. A loro si aggiungono Indonesia, Turchia e Filippine. L’Italia ne importa in totale il 64% del suo fabbisogno. Russia e Ucraina insieme rappresentano quasi un quarto delle esportazioni mondiali di grano. Oltre al grano sono anche grandi esportatori di mais, orzo e altri cereali su cui si basa gran parte del mondo per produrre cibo. Ad oggi infatti stiamo assistendo ad un rialzo dei prezzi del cibo, del carburante e dei fertilizzanti e le catene di approvvigionamento sono state interrotte.

Anche l’Europa dovrà fare i conti col blocco del grano sia da un punto di vista economico che alimentare. L’Ucraina è infatti il quarto fornitore di cibo dell’Unione, mentre la Russia fornisce il 40% del gas utilizzato per il riscaldamento delle serre dove viene coltivata più della metà degli ortaggi che consumiamo. La guerra Russia – Ucraina e le sue conseguenze rischiano di ripercuotersi negativamente sull’export italiano. E non solo indirettamente, a causa dell’aumento dei costi dell’energia.

Il Made in Italy in Russia

I settori italiani con la maggiore concentrazione di micro e piccole imprese (soprattutto alimentari, moda, mobili, legno, metalli) vendono in Russia prodotti per 2.684 milioni di euro, pari al 34,9% delle nostre esportazioni nel Paese, come si legge nei rapporti di Confartigianato. Lo scenario dell’export del made in Italy verso la Russia è significativo per il sistema economico italiano.

La fotografia scattata da Confartigianato mette in evidenza che, tra i Paesi dell’Ue, l’Italia è al quarto posto per il valore delle esportazioni sui mercati russo e ucraino. Le Regioni più colpite dalle conseguenze di questo conflitto in atto, in valore assoluto, sono quelle del centro-nord: l’Emilia-Romagna, il Veneto, le Marche, il Piemonte, il FriuliVenezia Giulia e la Lombardia. Tuttavia varie regioni del centro-sud hanno già segnalato di essere entrate in una nuova fase di grande difficoltà, dopo la crisi provocata dalla pandemia.

Guardiamo più da vicino la situazione in Lombardia. Duemila chilometri separano Milano da Kiev, ma le conseguenze della guerra per la Lombardia sono molto molto vicine e concrete. Perché i rapporti economici e commerciali che legano la regione alla Russia sono forti e importanti: la metà dell’interscambio totale tra Italia e Russia si ferma in Lombardia, rappresentando quasi il 50% dell’intero Paese. Ecco perché le sanzioni economiche a Mosca sono viste con timore. Infatti è di circa 3 miliardi di euro l’interscambio tra Lombardia e Russia, e di 1,5 miliardi quello fra Milano e Russia. L‘import-export tra Lombardia e Ucraina ammonta a circa 820 milioni di euro, e a 450 milioni tra Milano e l’Ucraina, come si legge nei rapporti di Confcommercio Milano.

Insomma, l’invasione russa in Ucraina, oltre a provocare distruzione, morti e milioni di potenziali profughi – tutti aspetti che sono in assoluto il volto più drammatico e inaccettabile della guerra – può anche seriamente danneggiare l’economia italiana sotto molteplici aspetti, con un effetto a catena sull’occupazione, sulla povertà e sulla salute della nostra popolazione.

Import/Export Russia: il turismo

Il Covid peraltro aveva già messo a dura prova un altro settore importante nel rapporto tra Italia e Russia: il turismo. Si stima che la guerra russo – ucraina provocherà ingenti perdite al nostro comparto turistico, il cui fatturato è già sceso dell’80% negli ultimi due anni a causa della pandemia. Solo nel 2019 i turisti russi in Italia erano stati circa un milione e mezzo ed avevano speso nel nostro Paese circa un miliardo di euro. Una cifra che sarà difficile rivedere in tempi brevi. Si auspica quindi che si possano recuperare rapidamente le ragioni del dialogo e riaffermare i valori della libertà e della democrazia, per scongiurare il prima possibile effetti ancora più gravi per la vita delle persone, per la sicurezza e la stabilità sociale ed economica dell’Europa.

a cura di Avv. Chiara Dolcini

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